introduzione
La Fondazione Cavaliere del Lavoro Alberto Giacomini con l’Hotel San Rocco è lieta di presentare l’abituale appuntamento con l’Arte all’interno delle sale barocche dell’Hotel.
Sia la Fondazione che la Direzione dell’hotel San Rocco sono in questa occasione ancora più felici dell’appuntamento di quest’anno in quanto non solo Andrea Bergmann e la sua famiglia sono cari amici personali e discreti da lunghi anni e degli abitanti del lago nella zona di Centonara, comune di Madonna del Sasso, da molti decenni; ma anche perché l’idea di questa mostra era stata condivisa e pensata ben tre anni fa. Il ritardo ovviamente è stato dettato dalla pandemia e dalla conseguente impossibilità dell’artista di raggiungere il Lago dalla Germania. Il prolungamento di questa che per Andrea si è protratto nella preparazione della mostra, altrettanto si è protratto per noi il patos affettuoso e l’attesa considerando che la sua prima mostra sul lago qui in Italia si era svolta anni fa proprio qui al San Rocco grazie ad un nostro proficuo incontro.
Ricco di significato è il titolo che Andrea ha scelto per la sua mostra: In cammino. è ancor più significativo il fatto che questo titolo arrivi a seguito degli altri titoli delle precedenti mostre: “In famiglia” e “In mezzo”.
Tutti noi siamo in cammino: nel cammino della nostra vita, dei nostri affetti, sentimenti, delle nostre ricerche, delle nostre certezze in mezzo alle insidie e ai sentieri che a volte ci mostrano panorami bellissimi e scorci fantastici della bellezza della nostra natura, come quelli del nostro Lago, altre volte invece ci mostrano percorsi impervi e angoli di boschi bui che rendono impossibile vedere il cielo, quelli frutto delle nostre paure, delle incertezze e dei dubbi che fanno parte della nostra natura umana e dello sgomento, a volte rapimento, in cui la società ci attrae in un’apparente condivisione insieme ad una moltitudine di altri in un mondo virtuale e globalizzante ma che di rimando crea in tale cammino, se intrapreso al canto delle sirene social ad un vuoto interiore e ad una solitudine dei valori più profondi degli animi.
Questi due anni trascorsi danno ancora più senso e significato a già un forte messaggio che Andrea Bergmann avrebbe mandato due anni fa, ma oggi lo rende ancora più attuale e potente e ricco del significato del vissuto, anche di noi visitatori, dandoci l’opportunità e la possibilità di riflettere ancora più seriamente e compiutamente di prima sul suo messaggio.
Questo mostra ancora di più la sua capacità di artista di cogliere non solo la realtà che si sta vivendo, ma anche di prevederne i cambiamenti culturali e dell’uomo.
La sua meravigliosa famiglia unita, educata, intraprendente e amante di questi luoghi, per me che li conosco, emerge fortemente e in maniera emozionante dagli oggetti utilizzati nella realizzazione delle sue opere, cosi profondamente e visceralmente legati al bene della famiglia e dell’amore per essa che entrano a arricchire il cammino artistico dandogli un sentimento eterno.
Basti pensare al dolcetto che cela il cordone ombelicale dei figli posizionato come il trofeo più grande da raggiungere nella vita, ai giochi dei bambini, al suo abito da sposa, agli oggetti dei viaggi e le mappe. Tutti oggetti che rimandano a momenti e ricordi lieti vissuti nel profondo dei più bei sentimenti familiari.
Mi piace pensare che in questi due anni in cui anche noi tutti siamo rimasti reclusi in casa con le nostre famiglie possiamo aver fatto con la nostra mente, il nostro cuore e la nostra anima lo stesso percorso di rivedere ogni oggetto come un ricordo profondo e positivo e buono, oltre che bello, di chi ci sta a fianco. Sono certo che essendo rinata in tutti noi dopo tali eventi l’importanza e l’attenzione verso chi ci sta a fianco, sicuramente la visione della mostra di Andrea Bergmann con le sue opere può stimolarci positivamente e giocosamente a riflettere di tornare a casa di cominciare a rovistare tra gli scatoloni e gli imballaggi che tutti noi conserviamo tra i cassetti e tra i vecchi ricordi, anche di coloro a noi cari che oggi non ci sono più.
Il messaggio di Andrea Bergmann non è solo un messaggio di riflessione e di rimandi ad una società consumistica e di trasformazione mediatica, ma anche come insito nel titolo, ad un processo di movimento, di cambiamento e ad uno spunto a non fermarsi ma avanzare “con coraggio disinteressato” guardando a qualcosa di più alto, ad una luce superiore, cosi come l’orientamento delle installazioni, come la stessa Andrea dice “volvono con un orientamento verso il Santuario di Madonna del Sasso, che rimane lontana e in altezza come la meta più alta a cui ispirarsi e da raggiungere nel nostro cammino”
Con grande maestria nelle sue opere mette insieme la sua vita reale vissuta, i suoi valori personali e sentimentali dando però richiamo anche ad un altro cammino, quello dell’Arte, passando quindi dal David di Michelangelo, attraverso l’arte DADA fino all’arte povera di Michelangelo Pistoletto mostrando come tutto è in cammino e tutto è in evoluzione.
Amo particolarmente questa mostra in quanto affonda le sue radici sul valore e il cammino della famiglia, dei suoi membri e della sua evoluzione toccando gli elementi di congiunzione del contrasto che la società e l’evoluzione globale e sociale crea con essa, ma animata anche dal coraggioso tentativo di “raggiungere l’impossibile” e dalla profonda speranza e anelito di puntare verso quella rupe bianca di fronte a noi che porta al di sopra un simbolo di arte e storia. In tutto questo ancor di più riesce a rendere onore alla figura femminile toccando i punti salienti e più profondi e ricchi di emozione e AMORE nella vita delle donne, come il matrimonio, la maternità, la formazione e crescita dei figli in maniera molto sincera, moderna, autentica ed emozionante tanto da farci comprendere, a mio avviso, che le opere di tale mostra possono essere considerate un tributo ed una celebrazione a quello che Andrea Bergmann considera la sua più bella e inimitabile opera di sempre, ovvero tutta la sua famiglia, marito e figli, ognuno di essi un’opera in cammino tra di noi e con noi in questi mesi.
Tra le mostre organizzate con l’Hotel San Rocco in questi anni sicuramente quella di Andrea Bergmann è quella che più incarna e rappresenta al meglio la memoria e i principi alla base di mio padre, il Cavaliere del Lavoro Alberto Giacomini. Già il titolo “In cammino” rievoca una delle sue passioni principali che fino all’ultimo ha mantenuto vivo, ovvero di dedicare tutte le mattina dei fine settimana a camminare lungo i sentieri nei boschi della sua amata Madonna del Sasso, e tutti i giorni di vacanza.
Oltre a questo rievoca pienamente il suo cammino personale ed imprenditoriale incentrato sull’amore e il valore di genitore, della famiglia e dei fratelli e sorelle.
L’asse pregnante della mostra volto verso le cave e il Santuario di Madonna del Sasso rimandano all’asse primario che Alberto Giacomini ha avuto nel corso della sua vita, ovvero il duro e impegnativo lavoro nella cava del padre Giuseppe, detto Secondo, per sostenere la numerosa e povera famiglia come maestro e insegnante di impegno, sacrificio nel lavoro e amore verso la famiglia.
La Madonna del Sasso, colei che lui sosteneva essere la sua Stella protettrice e che tutto ciò che aveva fatto nella vita non era solo merito suo, ma anche e soprattutto di quella Stella assieme alla “sua gente”. La centralità della moglie/madre come regina della famiglia e dei valori insiti nelle tradizioni del passato e della fede e l’importanza di ogni singolo ricordo, dall’infanzia in avanti, fermo nel fatto che “senza rispetto e memoria del passato non esiste un presente solido e un futuro roseo”.
La sua attenzione al genere femminile e a tutte le donne che dagli inizi operavano e collaboravano nella Giacomini Spa con le attenzioni e i servizi a loro dedicati, fino alla costruzione di un asilo dedicato a loro sta ad indicare la sua ammirazione per i molteplici ruoli fondamentali che nella società, nella famiglia, negli affetti e nella crescita dei figli, gli uomini del futuro, avessero le donne.
E’ per questo e con immensa gratitudine, commozione e affetto che ringrazio l’artista e amica Andrea per la sua mostra pensata e meditata per la Fondazione, per l’Hotel San Rocco e il Lago d’Orta in quanto coglie sin dal titolo l’anima di Alberto, “in cammino” dai suoi 6 anni di età a pascolare le pecore attraverso un cammino che anche quando è stato da imprenditore è stato di fatto un cammino verso gli altri e alla possibilità di donare ai suoi genitori, fratelli e sorelle, a tutta la sua famiglia e le generazioni future un cammino sicuro e solido senza le difficoltà economiche della guerra ma innanzitutto volto al rispetto del prossimo, chiunque esso sia, e della natura e ad un cammino volto e da fare tutto insieme, mano nella mano, forte degli affetti più profondi verso le cose buone e belle che il Mondo racchiude.
È per questo motivo che non ringrazierò mai abbastanza Andrea Bergmann e la sua famiglia per questo grande dono.
Ringrazio mia moglie Mariama Samaké, la direttrice dell’Hotel San Rocco che da anni gestisce con amore, passione e sacrificio la nostra struttura di famiglia e sostiene in maniera attiva le attività artistiche e le mostre all’interno di questo; mia figlia Celeste Maria Alberta che con il suo sorriso, la sua gioia e la sua spensierata e ancora pura attrazione verso questi luoghi e verso le opere degli artisti è per me visione del roseo futuro per cui impegnarsi e lottare.
Ringrazio tutti coloro che sono venuti in questi anni a vedere le varie mostre e che verranno a vedere la bellissima e pregnante di significato mostra di Andrea Bergmann augurandomi che sia per tutti voi e le vostre famiglie un lieto e sincero momento per rivivere insieme ai vostri cari e/o amici un ricordo di un passato gioioso e significativo e delle persone con cui avete fatto, state facendo e continuerete a fare il vostro cammino e con l’augurio che con la presa di coscienza di quella che è la vera ricchezza e i veri valori offuscati dal rumore e dalla ridondanza delle immagini della globalizzazione porti noi e tutta l’umanità verso la direzione, le segnaletiche e le attrezzature giuste per Il Cammino che dovrà intraprendere viste le emergenze globali e le situazioni psicologiche e antropologiche e le persone che ci troviamo a dover affrontate.
Siamo tutti “In Cammino”, e a questo cammino volgendo lo sguardo alla rupe della Madonna del Sasso e ancora più su, al Cielo, mi permetto con umiltà e con molto rispetto con e tramite Alberto Giacomini di affidarci tutti in questo cammino alla “sua Stella protettrice”.
Dott. Andrea Alessandro Giacomini
IN CAMMINO
Il titolo di una mostra non potrebbe essere più provocatorio. Dopotutto, il titolo si riferisce al processo,
al movimento, al cambiamento, all’allontanarsi, al non volersi fermare, al non avere finito – in altre parole, a tutto ciò che una mostra generalmente non è.
Chi è in movimento non ama guardarsi indietro, non ha ancora portato a termine il progetto che stava perseguendo.
Eppure Andrea Bergmann intraprende il suo viaggio in questa mostra. O forse sarebbe meglio dire: osa guardare dall’esterno il suo percorso, la sua arte e le influenze esterne che hanno determinato e continuano a determinare il suo cammino. È questa vista che espone le esperienze passate e innesca i processi di trasformazione a cui Andrea Bergmann dà forma nella mostra.
In cammino è quindi uno stato intermedio, una conclusione e una partenza allo stesso tempo, una rivalutazione e una riforma. Il passato viene ripreso per indicare nuove strade. Nel processo, la condizionalità della propria storia biografica e della cultura e socializzazione circostante non è vista come una costante, ma viene scossa e le dinamiche messe in discussione.
In un totale di sei ampie installazioni, l’artista ci invita a ripercorrere il suo cammino e, nel contempo, a riflettere sul nostro. Le opere raccontano la ricerca di un’identità culturale individuale e sociale e il cambiamento di questa stessa identità, con la consapevolezza dei punti di vista, delle esperienze e delle possibilità di azione di allora e di oggi. Le installazioni negoziano l’esperienza passata con la conoscenza attuale della condizionalità sociale e culturale e forniscono un orientamento rispetto alla posizione nel tempo e nello spazio.
Le installazioni a tecnica mista, che fanno riferimento all’arte DADA di Hannah Höch e ai concetti dell’arte povera di Michelangelo Pistoletto, sono sempre un omaggio alla storia culturale. Andrea Bergmann non fa mistero delle narrazioni che utilizza apertamente nelle sue opere. Così l’installazione fuoco e ghiaccio nella sua composizione è come la parafrasi dell’inferno di Dante, visivamente potente, dal quinto canto della Divina Commedia. A questa dimensione storicoculturale, l’autrice aggiunge una dimensione personale con la scelta dei materiali:
il proprio abito da sposa, i propri documenti di studio, i cimeli più cari si intrecciano per formare una coppia di sposi disuguale ma simile, dal sociale all’individuale, in lotta con le convenzioni esterne, ritualizzate e imposte.
L’upcycling di oggetti quotidiani, gli accostamenti e gli assemblaggi di questi oggetti con ricordi di grande valore personale e sentimentale sono evidenti anche nell’opera Davide in peluche.
La somiglianza con la Venere degli stracci di Pistoletto e la citazione del David di Michelangelo sono intenzionali nel senso dell’arte di appropriazione, così come la scelta dei materiali. I peluche, tutti provenienti dalla famiglia, combinano talismani emotivi con gingilli dimenticati e preservano l’infanzia e la famiglia, ma allo stesso tempo, attraverso la loro archiviazione, sembrano anche la conclusione e lo scarto di una fase della vita. Sono custoditi e incorniciati dall’introverso Davide, figura di salvezza dell’Antico Testamento e proto-Gesù. Il principio della citazione artistica e quello della lettura personale ed emotiva si affiancano senza contraddirsi o condizionarsi a vicenda. Nel cammino, la questione è come la retrospettiva di una fase finale della vita e la prospettiva del futuro si fecondano a vicenda, quali tensioni sorgono e quali percorsi possono essere derivati da questo.
In cammino è una visione autoriflessiva della propria biografia, della condizionalità culturale e dei processi di trasformazione sociale.